Assenze dal lavoro equiparate al ricovero: Messaggio INPS

Assenze dal lavoro equiparate al ricovero: Messaggio INPS

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A distanza di oltre tre mesi dall’entrata in vigore del decreto “cura Italia” (decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 2020, n. 27) , INPS provvede finalmente alla emanazione di una indicazione operativa che chiarisce i contorni applicativi dell’articolo 26 del decreto citato.

Lo ricordiamo: il comma 2 dell’articolo 26 dispone che per i lavoratori dei settori privato e pubblico in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992) o in possesso del riconoscimento di disabilità (art. 3, comma 1, legge 104/1992), l’intero periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al termine del 31 luglio 2020, è equiparato a degenza ospedaliera.

INPS chiarisce questi aspetti con il messaggio 2584 del 24 giugno 2020 che ha anche un allegato riassuntivo delle certificazioni ammesse e lo fa al paragrafo 3 (gli altri riguardano altre condizioni).

Venendo al dunque tentiamo di riassumere l’iter e il percorso che il lavoratore deve seguire per vedersi equiparare l’assenza dal lavoro alla condizione di degenza ospedaliera.

1. È innanzitutto necessario disporre di uno specifico certificato del medico curante“medico curante” non significa strettamente il medico di medicina generale ossia il cosiddetto medico di famiglia. Il medico curante è qualsiasi operatore sanitario che in quello specifico momento abbia in carico un paziente. II medico curante potrebbe essere anche lo specialista ospedaliero oppure di un centro di riabilitazione comunque un sanitario autorizzato al rilascio di certificazione di malattia.

2. Il certificato copre ed assicura la prestazione dal 17 marzo al 31 luglio prossimo. I certificati, al pari di altri relativi a ricovero e degenza, hanno validità di un anno. Significa che anche ora può essere presentato un certificato per un’assenza non retribuita effettuata da marzo in poi (fino a fine luglio).

3. Il medico curante inserisce nelle note di diagnosi l’indicazione dettagliata della condizione clinica del suo paziente, tale da far emergere chiaramente la situazione di rischio in soggetto con anamnesi personale critica. Deve inoltre riportare le indicazioni del verbale di handicap (grave o non grave). Riassumendo, due i requisiti formali: il quadro clinico a rischio e il riferimento (data di rilascio, autorità che l’ha rilasciato) al verbale di handicap.

4. In assenza del verbale di riconoscimento della disabilità, la condizione di rischio può essere attestata dagli organi medico legali presso le Autorità sanitarie locali territorialmente competenti. Ciò significa che, stando alle indicazioni di INPS, chi non dispone di certificato di handicap (grave o non grave), deve rivolgersi ai servizi di medicina legale della propria ASL per ottenere una specifica certificazione. Questa viene poi indicata nel certificato del medico curante di cui al punto precedente.

5. Gli Uffici medico legali dell’Inps territorialmente competenti verificano la certificazione prodotta. Possono autorizzare oppure, laddove ne ravvisino l’opportunità, richiedere ulteriore documentazione sospendendo nel frattempo la pratica. È da supporre che questo riguardi anche le certificazioni già prodotte “provvisoriamente” in questi mesi dai lavoratori e magari non formalmente corrispondenti alle attuali indicazioni. Chi le ha presentate – in assenza di indicazioni – può attendere comunicazioni da INPS oppure interpellare l’INPS competente richiedendo informazioni sullo stato delle pratica. Ricordiamo che fino al 31 luglio rimane la possibilità comunque di presentare certificazione relativa alle assenze già effettuate (se non retribuite o indennizzate in altro modo).

Precisato l’iter è opportuno ricordare quello che il messaggio 2584 precisa: “in caso di degenza ospedaliera è prevista una decurtazione ai 2/5 della normale indennità qualora non vi siano familiari a carico”.
Una decurtazione dei 2/5 significa che l’indennità è pari al 60% (per chi non ha familiari a carico).

Altra notazione: nemmeno questo messaggio scrive nero su bianco se tale periodo di “degenza” debba essere conteggiato ai fini del calcolo del periodo di comporto (quello che consente di conservare il lavoro entro un certo limite di giorni di malattia).

Concludiamo con un’osservazione. INPS – evidentemente autorizzata dal Ministero del lavoro da cui è vigilata, ha senza dubbio forzato l’interpretazione di alcuni passaggi particolarmente farraginosi con intenti, pur largamente tardivi, di semplificazione e sostenibilità. Rimangono alcuni coni d’ombra ed alcune interpretazioni che non trovano perfetta aderenza con il (pur) confuso dettato normativo. L’aspetto più rilevante riguarda la definizione della platea dei beneficiari che si evince leggendo il messaggio 2584 (punto 3 e descrizione della certificazione)

a) i lavoratori con immunodepressione, esiti da patologie oncologiche o interessati dallo svolgimento di relative terapie salvavita, indipendentemente dal riconoscimento della gravità dell’handicap;

b) i lavoratori in possesso di certificazione di handicap con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992) ma per i quali, in aggiunta, il medico curante certifichi dettagliatamente la situazione clinica con anamnesi personale critica e tale da far emergere chiaramente la situazione di rischio. Non è quindi sufficiente, secondo INPS, la mera titolarità del verbale di handicap grave per la concessione di questa prestazione, come invece – forse largheggiando – lasciava intendere la lettura dell’articolo 26 del decreto legge 18/2020.

Fonte. Handylex.org

27/06/2020