Bari, raccontare l’autismo in una storia a fumetti

Bari, raccontare l’autismo in una storia a fumetti

pubblicato in: IN RILIEVO, NOTIZIE | 0

Raccontare la diversità in un fumetto. Per dimostrare che nella disabilità ci sono sempre delle potenzialità che la possono trasformare in un valore aggiunto.

Matteo quest’estate è andato in vacanza con gli amici per una settimana ad Assisi, in un campo scuola. Ha 16 anni e frequenta con successo il terzo anno all’Istituto d’arte Pino Pascali. È pieno di interessi: canta e suona la tastiera, fa parte di «Strada Facendo» un’associazione per la quale la domenica partecipa alla raccolta di piante aromatiche («Così mette da parte qualche soldino per pagarsi le vacanze estive nel campo scuola» spiega mamma Mariella). Matteo ha tanti amici, ascolta la musica al computer. Il suo hobby è fare raccolta di fotocopie di immagini di casse acustiche, fino a quando mamma Mariella e papà Pino gli compreranno una cassa vera.

«Eppure», Matteo è autistico. Il suo papà, il barese Giuseppe Sansone, dal 1999 è disegnatore e sceneggiatore Disney. Tra i suoi lavori più originali «San Nicola a Fumetti» e «Melo da Bari e il mantello delle stelle». «Dovevo far qualcosa per mio figlio – racconta Giuseppe – e disegnare è la cosa che mi riesce meglio. Dovevo dimostrare a me stesso e soprattutto a lui che le barriere si abbattono. Il fumetto l’ho scritto in due giorni, è servito un anno per elaborarlo. Le bozze le ho poi sottoposte alla supervisione di due neuropsichiatri: Filippo Muratori di Pisa e Carlo Calzone di Matera. Hanno corretto solo due parole». «Il fumetto è un modo immediato di far conoscere questa sindrome, soprattutto tra i più giovani – spiega Sansone – rispettando questa condizione di vita. Il personaggio mostruoso dapprima fa paura al piccolo Matteo, lo limita nelle attività. Poi Matteo prende coraggio e reagisce. Tutte le volte che lo fa lo spettro si riduce e perde forza. Infine diventa un ragazzino come lui. Matteo non sconfiggerà mai del tutto lo spettro autistico ma lo indebolirà, rendendolo più innocuo. Un ragazzo autistico possiede tante virtù e qualità nascoste, sta a noi scoprirle, tirarle fuori migliorando la sua condizione. Quello che può aiutarci è la forza dell’amore, che genera speranza».

I primi segnali che qualcosa non andasse per il verso giusto li colse Mariella Volpe, mamma di Matteo. «Intorno ai 6 mesi di vita cominciai a farmi qualche domanda. Il mio bambino non sorrideva mai, sa quelle faccette buffe che fanno i piccoli? E non guardava negli occhi». All’epoca papà Giuseppe minimizza. Mariella invece è sempre più a disagio, inventa scuse quando incontra le amiche e si meravigliano che il piccolo non risponda con sorrisetti e mugolii ai loro stimoli visivi. Matteo non si gira se viene chiamato. La visita dall’otorino, poi il ricovero ad un anno e mezzo in Neuropsichiatria infantile «che di infantile non aveva nulla» del Policlinico. Matteo è la mascotte del reparto, corre e dà capocciate ovunque ma tutti sono lì ad aspettarlo mentre gli eseguono la risonanza. Gli viene diagnosticato uno sviluppo pervasivo dello sviluppo: prima dei 3 anni di vita non può dichiararsi la sindrome dello spettro autistico. Comincia il calvario. Matteo a 3 anni non parla ancora. «Da un centro all’altro, prima al Policlinico di Tor Vergata, a Roma, e la diagnosi pesante: autismo di curva molto alto. Quindi dalla professoressa Campanella, al centro “La comunicazione” a Bitritto. È lei che riuscirà a farlo parlare». Alti e bassi a scuola; esperienza negativa all’asilo, insegnante di sostegno dolcissima alle elementari, perdita di tutte le competenze alle scuole medie.

«All’elezione dei rappresentanti di classe fui aggredita dalle mamme: inveirono contro me e mio figlio, non lo volevano in classe». Mariella non si dà per vinta. Organizza una festa memorabile per tutta la classe, con giochi a squadre, premi, tanta musica e divertimento. Si presentano solo tre ragazzini della classe. «I bambini si divertirono tanto. Lo raccontarono il giorno dopo in aula. E Matteo fu finalmente accolto». Ora, all’Istituto d’arte Pino Pascali, Matteo frequenta la terza superiore. L’ultima diagnosi parla di spettro autistico di 2° livello. «La precedente dichiarava 3° livello. Praticamente è quasi guarito. Si veste anche da solo, anche se tende a riproporre sempre gli stessi vestiti». Ora Mariella sorride.

Fonte: La Gazzettadelmezzogiorno.it

30/12/2019