Cassazione, sì al congedo per chi assiste un disabile di notte: “Ha diritto a riposarsi”

Cassazione, sì al congedo per chi assiste un disabile di notte: “Ha diritto a riposarsi”

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La Corte ha dato ragione al lavoratore che era stato licenziato: nella cura a un familiare disabile non c’è distinzione tra ore notturne e diurne e chi presta assistenza ha anche il diritto di riposarsi.

ROMA – Il lavoratore che usufruisce di un congedo retribuito per prendersi cura di un familiare disabile ha diritto a riposarsi e non compie nessuna irregolarità se concentra la sua assistenza nelle ore notturne e poi di giorno si fa aiutare da altre persone.

A dirlo è una sentenza con cui la Cassazione ha accolto il ricorso di un metalmeccanico licenziato dalla ‘Sevel’ – fabbrica che ad Atessa, nella Val di Sagro, produce auto per Fca – che aveva scoperto che l’operaio, in congedo per due anni, stava con sua madre solo di notte mentre di giorno tornava a casa sua. Ora l’operaio sarà reintegrato perché chi assiste ha diritto a “spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita e di riposo”.

Durante indagini fatte eseguire dal datore di lavoro, il metalmeccanico era stato visto per diversi giorni presso la sua abitazione e non a casa della madre disabile grave, dove aveva spostato la residenza per assisterla durante il periodo di congedo. Il dipendente si era difeso dicendo di prestare alla madre un’assistenza notturna, dato che la donna aveva manifestato “tendenza alla fuga, insonnia notturna e tratti di ipersonnia diurna” per cui vi era stata la necessità per il figlio di restare sveglio tutta la notte per evitare “possibili fughe” che già in passato si erano verificate.

La società l’aveva però licenziato per motivi disciplinari evidenziando invece che “l’assistenza, per essere adeguata” a quanto previsto dalla legge sul congedo “avrebbe dovuto essere prestata in via principale e privilegiata” dal dipendente “e solo in via residuale da altre persone”.

Così gli ‘ermellini’ – con una sentenza che tiene con di problemi creati da malattie degenerative come l’Alzheimer – hanno risposto alle obiezioni della ‘Sevel’ che insisteva per licenziare in tronco il dipendente sostenendo che “durante le giornate oggetto di accertamento investigativo si era dedicato ad attività di proprio personale interesse e non risultava aver assistito la madre disabile”.

Il lavoratore era stato infatti spiato dai detective nel giugno 2013 nella sua abitazione di Gessopalena (Chieti), paese a circa una trentina di chilometri da Lanciano, la cittadina dove viveva la madre malata e dove lui aveva spostato la residenza per usufruire della legge 151 del 2001 sui congedi parentali.

Fonte: Repubblica.it

21/12/2017