Il dramma degli omicidi-suicidi di caregiver e familiari con disabilità: non chiamateli raptus

Il dramma degli omicidi-suicidi di caregiver e familiari con disabilità: non chiamateli raptus

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La cronaca ci riporta di fatti terribili generati dallo sfinimento e dalla solitudine di familiari che non vedono nel presente e nel futuro una vita dignitosa per i propri cari

Ci giungono come dolorosissimi squarci di disperazione, che si richiudono però presto, incalzate da altri fatti, le notizie atroci che la cronaca periodicamente ci riporta, con protagonisti familiari portati dallo sfinimento ad uccidere un figlio, un padre, una madre, un fratello, di cui non riescono più a prendersi curaCaregiver di persone malate, disabili, non autosufficienti, che necessitano di cure ed attenzioni costanti: un impegno senza fine, continuo, che prosciuga desideri, mina la salute, annienta le forze. Talvolta questi gesti drammatici hanno un doppio epilogo disperato, con anche un suicidio, una chiusura estrema, la più tragica delle soluzioni che la mancanza di vie d’uscita propone a chi non ce la fa più.

L’EPISODIO DI ORTONA
Ultimo in ordine di tempo, l’episodio di Ortona (Chieti), dove il 29 gennaio sono stati trovati morti due fratelli, di 70 e 74 anni. Un episodio di omicidio-suicidio: dai rilievi sembra che il 70enne abbia ucciso, soffocandolo, il fratello disabile, di 5 anni più anziano, e poi si sia tolto la vita, impiccandosi subito dopo nell’appartamento dove entrambi vivevano insieme.
Un dramma senza appello, consumato tra le mura domestiche di un nucleo famigliare composto da due fratelli che vivevano insieme, in buoni rapporti, mai spostatisi, ricostruiscono le cronache. Ed è da un biglietto ritrovato nella cucina dell’abitazione che si evincerebbero i motivi del gesto: l’impossibilità di continuare ad assistere il fratello da parte del caregiver, e l’imminente ricovero in una RSA.
Roberto non ce la faceva più nell’assistenza al fratelloriporta l’agenzia ANSA, che ne dà notizia.

LE CAUSE LATENTI
Non un raptus, quindi, non ruggini, non litigi: l’impossibilità di andare avanti e poi di vedersi separati, sarebbero le cause del duplice gesto estremo. L’ennesimo dove, lo sappiamo bene dalla cronaca di questi fatti, non serve grattare a fondo in cerca di nascosti perchè: non ci sono altri motivi che lo sfinimento, la solitudine a muovere queste mani che non ce la fanno più o che, pensando al futuro, non vedono una soluzione alla vita dei propri cari quando loro non potranno più prendersene cura.
Sentirsi soli e senza più forze, responsabili di qualcuno che dipende da noi in tutto e per tutto. è spesso anche l’appuntamento con un Dopo di Noi privo di qualsiasi certezza a gettare tra le braccia del gesto più estremo genitori, fratelli, parenti.

I CAREGIVER LASCIATI SOLI
E’ necessario, quindi, riportare questi accadimenti terribili dal puro fatto di cronaca alla cornice nella quale vengono a maturarsi e delinearsi nei loro tragici disegni, non derubricandoli a raptus ma a un logorio costante, sfinente, una paura per un domani senza certezze se non quella della vulnerabilità di chi si troverà solo.
Partendo dall’episodio di Ortona e da questo genere di fatti, invita a fare una riflessione onesta il l’associazione Genitori Tosti APS, richiamando anche alla propria responsabilità di intervento il Governo e il Parlamento italiano, affinchè pongano definitivamente mano all’iter del DDL sul riconoscimento del caregiver familiare italiano come lavoratore e dispongano tutti i servizi che la nostra associazione ha sempre elencato essere necessari affinché chi presta assistenza al proprio familiare non sia lasciato MAI solo.

NON CHIAMATLI RAPTUS
“Noi Genitori Tosti abbiamo dedicato un capitolo del nostro saggio L’esercito silenzioso – caregiver familiari” per spiegare che cosa è questo fenomeno e da cosa è determinato. Come lo si combatte e risolve è illustrato nei restanti capitoli – spiega il gruppo. L’opinione pubblica e chi si occupa di questi casi (forze dell’ordine, magistrati, assistenti sociali, etc) devono aver ben chiaro il fenomeno e non derubricarlo a  gesto dettato dalla disperazione o da un raptus o altro. La causa si chiama con un nome preciso che è il “caregiver bourden”; ci sono degli studi scientifici che lo descrivono”.

LE RESPONSABILITÀ POLITICHE
“Il riconoscimento del ruolo del Caregiver familiare, la sua tutela e il necessario e adeguato supporto socio-sanitario ed economico-finanziario come vero e proprio lavoratore non può più attendere. Le responsabilità di evitare il ripetersi di questi tragici fatti sono nelle mani del Governo e del Parlamento.
In attesa di reazioni adeguate da parte di chi ha il potere di creare la legge nazionale sul caregiver familiare, rimaniamo a disposizione per qualsiasi dettaglio”, conclude il gruppo.

Fonte: Disabili.com

01/02/2023