La lettera aperta: diamo voce alla Lingua dei Segni

La lettera aperta: diamo voce alla Lingua dei Segni

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Michele Perrone, ragazzo sordo, scrive a Buoncampo, il portale che mette in rete persone, enti no profit e risorse per coltivare progetti: «in momenti di emergenza come questi le persone come me vivono il terrore e il disagio di essere tagliate fuori da tutto. Non esiste alcun mezzo dedicato e non viene trasmessa alcuna informazione istantanea nella nostra lingua». Il testo integrale

Mi chiamo Michele Perrone e sono un cittadino italiano come molti. L’unica differenza è che sono sordo: per comunicare utilizzo la Lingua dei Segni.

Forse molti non sanno che in questo periodo oltre al panico scatenato a seguito della pandemia Covid-19, ci sono persone come me che vivono il terrore e il disagio di essere tagliati fuori da tutto, in quanto non esiste alcun mezzo dedicato e non viene trasmessa alcuna informazione istantanea nella nostra lingua come la ricevono le persone udenti.

Se un sordo si sente male e sta a casa da solo, non ha assistenza diretta perchè non può telefonare a nessuno per essere aiutato. Non può comporre il numero e interagire con i centri di emergenza sanitaria dedicati al problema, non può interagire con i medici perchè non conoscono la nostra lingua e non ci sono interpreti negli ospedali. Anche quando un sordo potrebbe sforzarsi di leggere il labiale nessuno può togliersi le mascherine per parlargli. È un serio problema credetemi.

Ci sono associazioni e enti a nostra tutela, i quali ringrazio sentitamente, che si stanno muovendo dandoci informazioni necessarie, ma non basta. Quando il Presidente della Repubblica o il Presidente del Consiglio, soprattutto nelle situazioni di emergenza, parlano in televisione al pubblico, noi abbiamo il diritto, come tutti, di sapere. Abbiamo il diritto di vedere accanto alle istituzioni un interprete della nostra lingua dei segni o quantomeno dei sottotitoli in quanto non esistono servizi dedicati alle persone sorde.

Queste sono solo piccole parentesi del malessere che un sordo come me vive ogni giorno nel suo quotidiano. E quello che fa ancora più male è che tutto ciò avviene per una inspiegabile motivazione: la lingua dei segni è riconosciuta in tutte le nazioni del mondo, tranne che in Italia. Noi sordi in Italia esistiamo! Non siamo relitti, abbiamo una dignità e dei sentimenti! Non siamo fantasmi!

Non vogliamo più sentirci parte di una società che non ci vuole, che è indifferente. Il mio sogno è un mondo uguale per tutti.
Nonostante tutto questo cerco ogni giorno di vivere una vita normale come qualsiasi ragazzo della mia età. Sono un impiegato comunale, propongo progetti culturali, amo l’arte e amo viaggiare, sento la necessità di vedere e sperimentare cose nuove. Ciò che dico sempre è che in fondo la vita è comunque una, e va vissuto al meglio.

Spero vivamente che chi legge questo messaggio non rimanga indifferente e possa prendere atto di questa realtà.

Ringrazio sentitamente l’interprete Graziana De Mola per aver tradotto i miei pensieri e Buoncampo per aver prestato ascolto alla voce delle mie mani.

Fonte: Vita.it

20/03/2020