Psicoterapia, il rimedio migliore per i disturbi emotivi. E l’Opera don Calabria non ha tradito le aspettative

Psicoterapia, il rimedio migliore per i disturbi emotivi. E l’Opera don Calabria non ha tradito le aspettative

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ROMA. 7 marzo 2011, Luigi D’Elia e Nicola Piccinini scrivono su Il Fatto Quotidiano un post sull’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia che l’Opera don Calabria di Roma, su mia proposta, aveva accettato di aprire verso la fine del 2009. La sfida era di costituire un centro di psicoterapia professionalmente qualificato ed economicamente accessibile per venire incontro ai bisogni di cura di persone che soffrono di Disturbi emotivi comuni, “Dec” (stimati dall’Oms il 30% della popolazione), per i quali la psicoterapia è considerata il rimedio d’elezione.

Viceversa i Dec, nonostante la psicoterapia sia inserita fra i Livelli essenziali di assistenza (Lea), cioè delle cure che i cittadini dovrebbero ricevere per diritto dal Servizio Sanitario Nazionale, trovano scarsa accoglienza presso i Centri di Salute Mentale, costretti a privilegiare i casi “gravi” per l’esiguità degli organici. La minore gravità dei Dec, rispetto ai disturbi psicotici, è tuttavia opinabile sul piano del vissuto soggettivo, ad esempio un attacco di panico può essere percepito da chi lo prova con un senso di angoscia e sofferenza maggiore rispetto ad una crisi delirante o ad uno stato di eccitamento.

Vi era allora, e continua ad esserci ancora, un vuoto assistenziale rispetto a questi disturbi, che tendono pertanto a ricevere dal medico di base o da uno psichiatra, pubblico o privato, come unico trattamento un farmaco, a volte utile ma sicuramente insufficiente per trattare adeguatamente il loro problema. Il successo che ebbe l’apertura del centro dimostrò la bontà dell’intuizione e il problema si spostò sulla necessità di mantenere queste condizioni nel tempo.

Questo mese l’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia compie dieci anni e, a mio avviso, non ha tradito né la qualità del servizio né il principio etico-economico per cui le persone continuano a pagare quello che possono. Sotto il coordinamento del dr. Damiano Biondi lavorano circa 35 psicologi, ognuno dei quali svolge circa 150 visite all’anno. Dall’inizio della sua apertura sono state effettuati oltre 55mila interventi; attualmente sono in atto una ventina di terapie gratuite.

Dieci anni di vita non sono pochi, considerando che non vi è nessun sostegno economico pubblico o privato e che il bilancio dell’ambulatorio fatica ad essere in pareggio. Ritengo che il motivo della qualità di questo servizio e della sua longevità sia il frutto di una cultura e di una organizzazione fra loro intrecciate e necessarie.

Sul piano organizzativo è importante considerare che l’ambulatorio è inserito in una rete di servizi residenziali, semiresidenziali, ambulatoriali, sociali gestiti da un’unica direzione amministrativa “illuminata”, il dr. Paolo la Mastra, che seguendo il carisma dell’Opera don Calabria ha scelto di dare attenzione alle necessità sociali del territorio e di portare avanti una politica economica che non segua un’idea di profitto, che consiglierebbe di tagliare i rami meno produttivi, ma di accomunare i vari bilanci in modo che quelli più attivi supportino quelli più deboli secondo un principio di sostenibilità economica sistemica.

Sul piano culturale vale l’assioma che la psicoterapia è una forma di gestione della relazione interpersonale che si arricchisce non solo nella profondità specifica della specializzazione, ma anche nella possibilità di sperimentare molteplici qualità di relazioni umane. Se uno psicoterapeuta svolge parte del proprio lavoro collaborando alla gestione psicologica di servizi per persone senza fissa dimora o per ragazzi messi alla prova, o per l’inclusione sociale attiva di “Neet” (Not in Education, Employment or Training) – ragazze/i dai 18 ai 25 anni che non studiano e non lavorano -, solo per citare alcune delle possibilità, non va “fuori campo” partecipando a questi bandi per arrotondare lo stipendio, ma si arricchisce sia umanamente che professionalmente.

Vale inoltre l’idea che la cultura psicoterapica ha bisogno per crescere di un confronto continuo fra professionisti alla pari o con colleghi più esperti, anche appartenenti a scuole diverse, come avviene nelle frequenti supervisioni di gruppo. Una volta tanto i buoni principi comportano una buona ed efficace gestione.

di Ruggero Piperno,
Psichiatra e psicoterapeuta

Fonte: Il Fatto Quotidiano

27/12/2019