«Sono autistico e chiuso in casa da marzo: fatemi vedere i miei compagni»

«Sono autistico e chiuso in casa da marzo: fatemi vedere i miei compagni»

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Paolo è iscritto all’ultimo anno di un liceo in Sicilia e dall’inizio della pandemia non ha più messo piede a scuola. Ma per lui la Dad è impossibile. La mamma: «Adesso ho paura perché sta subendo un trauma che andrà recuperato»

«Mi manca il mio compagno di banco, Francesco. E Salvatore, uno degli insegnanti di sostegno. E Iulia e Maria Pia, le mie amiche in classe. Non è che mi manca davvero molto la scuola eh, ma non poter uscire, non poter vedere gli amici mi fa male». Paolo parla con la sincerità che lo contraddistingue. Lui è uno dei molti studenti con disabilità mentale che da marzo è a casa. Per lui è impossibile fare lezioni online e la Dad, la didattica a distanza, non ha poi molto senso in fondo: perché per moltissimi alunni con disabilità la scuola è soprattutto partecipazione, socialità. E anche se in alcuni casi le scuole hanno organizzato lezioni in presenza con l’insegnante di sostegno, sono i compagni che mancano davvero e senza gli “amici” di fatto si resta sempre in isolamento come a casa.

La didattica a distanza non può essere la risposta per i ragazzi con disabilità. E alcuni di loro non mettono piede in aula da un anno. Ma lo Stato non fa nulla per loro e le scuole provano ad arrangiarsi
Paolo è un ragazzone alto e robusto, due occhi marroni intensi, un sorriso che quando arriva entra nell’anima di chi lo guarda. Soffre di autismo, ha 19 anni e frequenta l’ultimo anno di un liceo a Noto. Frequenta in maniera “virtuale” perché dal 9 marzo, dal giorno del lockdown nazionale per cercare di arginare la pandemia da Covid-19, è a casa. A scuola non ha messo più piede perché l’istituto non è stato in grado di organizzare lezioni in presenza anche se l’ultimo Dpcm del governo prevede questa possibilità per gli studenti con disabilità. Paolo così non vede più i suoi compagni di classe, il pomeriggio non esce. E i progressi che aveva fatto sono quasi subito scomparsi. Adesso è nervoso, sta spesso sul divano della sua stanza e ha perso le sue abitudini.

Angiola, la mamma di Paolo, racconta questi dieci mesi di pandemia: «Da marzo fino all’estate è rimasto a casa senza far nulla. Lui ha avuto una pessima reazione e si è chiuso ancora di più in se stesso. A settembre, in vista vedi anche: «Essere uno studente in Italia non conviene»: sull’Espresso le vostre storie di Dad.
Rabbia, frustrazione ma anche riflessioni, racconti e suggerimenti agli “adulti”: sono tantissimi gli sfoghi degli studenti arrivati alla nostra redazione. Continuate a scrivere la vostra esperienza di scuola a distanza: le vostre testimonianze verranno pubblicate online
della ripresa della scuola, noi per primi ci siamo attrezzati per la Dad insieme all’insegnante di sostegno. Ma alla fine tutto si è risolto in collegamenti di pochi minuti con la classe e in molti casi solo con l’insegnante». La scuola per gli alunni con disabilità psichica è il perno attorno al quale ruota tutta la socialità: «Paolo non ha più visto i suoi compagni – continua Rotella – non ha più partecipato a una festa di compleanno, eventi che per lui rappresentavano occasioni importanti di dialogo. Io inoltre ho dovuto rinunciare a giorni programmati di lavoro. Ma adesso ho paura perché Paolo sta subendo un trauma che andrà recuperato».

di Antonio Fraschilla

Fonte: l’Espresso.it

16/01/2021